Descrizione Evento
In occasione del 45° anniversario dell’assassinio di Peppino Impastato la Sezione ANPI di Bussero, in collaborazione con il Circolo Familiare di Bussero, con le Associazioni Libriamoci, Il Sole e la Torre, Chiaroscuri e altre Storie, con la Rete Antimafie Martesana e con Libera, con il patrocinio del Comune di Bussero, organizza la mostra “1,10, 100 agende rosse…quale democrazia”, cortesemente messa a disposizione dall’Associazione Peppino Impastato di Lacchiarella, dedicata al ricordo di Peppino Impastato, Giovanni Falcone, Salvatore Borsellino e Mauro Rostagno.
La mostra che avrà sede nel foyer dello Spazio Sfera, sarà inaugurata sabato 6 maggio alle ore 11,30 e sarà aperta al pubblico con i seguenti orari:
sabato 6 dalle 11:30 alle 18,30;
domenica 7 dalle 10,30 alle 18,30;
lunedì 8, martedì 9 e mercoledì 10 dalle 17:00 alle 19:00.
Il 9 maggio 1978, lo stesso giorno in cui in via Caetani a Roma fu rinvenuto il corpo dell’Onorevole Aldo Moro, a Cinisi, in Provincia di Palermo, nei pressi dei binari della ferrovia, vennero ritrovati i resti dilaniati da un’esplosione di Peppino Impastato. Peppino era un giovane di 30 anni che, pur provenendo da una famiglia legata alla mafia siciliana (il padre era affiliato alla mafia e lo zio Gaetano Badalamenti era il capomafia locale), lottò con tutte le sue forze contro l’ambiente in cui era cresciuto.
Nella notte tra l’8 e il 9 maggio 1978 la mafia lo uccise e pose il suo corpo imbottito di esplosivo nei pressi dei binari della ferrovia, facendolo poi esplodere, allo scopo di depistare le indagini, che, in effetti furono immediatamente orientate verso un fallito attentato di origine politica. Peppino era infatti militante di formazioni della sinistra extraparlamentare e proprio quell’anno si era candidato alle elezioni comunali di Cinisi nelle liste di Democrazia Proletaria.
Fu solo grazie al coraggio della madre Felicia, del fratello Giovanni e dei compagni che ne avevano condiviso l’esperienza politica che le indagini già archiviate dalla magistratura, che pure, anche se solo nel 1984, aveva riconosciuto l’origine mafiosa e non politica del delitto, vennero riaperte. Nel 2002 Gaetano Badalamenti fu condannato all’ergastolo, quale mandante dell’omicidio.
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